Dense di celidonie e di spineti
le rocce mi si drizzano davanti,
come uno strano popolo d' atleti
pietrificato per virtù d'incanti.
Sotto, fremono al vento ampi i mirteti
selvaggi e gli oleandri fluttuanti,
verde plebe di nani; giù pei greti
van l'acque della Spendula croscianti.
Sopra, il ciel grigio,eguale. All'umidore
della pioggia un'acredine d'effluvi
aspra esalano i timi e le mortelle.
Nella conca verdissima il pastore,
come fauno di bronzo sul calcare,
guarda immobile, avvolto in una pelle.
GABRIELE D'ANNUNZIO.
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