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sabato 27 aprile 2013

LA VIA DEL SAMURAI.

 

Harakiri istituzionale
del consigliere comunale,
che per difetto di preparazione
incolpa dipendenti dell'Amministrazione.

Usar la katana
in direzione sbagliata,
del PD samurai
è gran scivolata.

-"Per rispetto del Bushido
m'alzo in piedi e poi grido"-,
ma è destino del nostro samurai
esser calamita solo di guai.

In assenza di "dinastia"
aspettando che venga,
speriamo trovi la via
il samurai del menga !

                                             
                       CONTROPENDENZA


giovedì 25 aprile 2013

AVEVO DUE PAURE.




Avevo due paure.
La prima era quella di uccidere.
La seconda era quella di  morire.
Avevo diciassette anni.
Poi venne la notte del silenzio.
In quel buio si scambiarono le vite.
Incollati alle barricate alcuni di noi morivano d'attesa.
Incollati alle barricate alcuni di noi vivevano d'attesa.


Poi spuntò l'alba.
Ed era il 25 Aprile.


                                           

                                  Giuseppe Colzani

martedì 23 aprile 2013

I COSACCHI.

                                                          (Taras Bul'ba, M.G.Deregus)


[...]
Era , Olènin, un giovane che in nessuna scuola aveva terminato i corsi,in nessuno ufficio era stato impiegato (non aveva fatto che iscriversi in non so quale amministrazione giudiziaria); un giovane che aveva scialacquato la metà delle sue sostanze, e giunto all'età di ventiquattro anni, non s'era ancora scelto una carriera e non aveva concluso nulla di nulla. Era quello che si usa chiamare "un giovanotto", nel bel mondo moscovita. A diciott'anni, Olènin era stato così libero,come solevano essere liberi soltanto i giovani russi del quarto decennio dell'Ottocento, quando fin da ragazzi fossero rimasti senza genitori. Per lui non esisteva- né sotto l'aspetto fisico né sotto quello morale- nessun genere di vincoli: tutto poteva fare, e di nulla aveva bisogno, e nulla lo teneva legato.Egli non conosceva né famiglia, né patria, né fede, né angustie finanziarie. Non c'era nulla a cui credesse, e nulla a cui si assoggettasse. Ma, mentre era così alieno dall'assoggettarsi a nulla, non solo egli non era un giovane cupo, malinconico e ragionatore, ma, al contrario, si lasciava prendere da continui trasporti. Era giunto alla conclusione che l'amore non esiste, ma intanto la presenza d'una giovane, graziosa donna lo faceva ogni volta restare col cuore sospeso. Da un pezzo sapeva che onori e titoli sono tutte assurdità, ma involontariamente provava piacere quando in un ballo gli veniva accostato il principe Sèrghij e gli rivolgeva affabili parole. Senonchè, a tutti codesti suoi trasporti egli s'abbandonava solo fino al punto che non costituissero per lui un legame. Non appena, abbandonatosi a una certa china, incominciava a subodorare l'avvicinarsi della fatica e della lotta-della minuta lotta con la vita- egli d'istinto, s'affrettava a strapparsi a quel sentimento o a quell'impresa, e a ristabilire la sua libertà. In tal modo aveva provato la vita mondana, il lavoro d'ufficio, l'amministrazione dei possedimenti, la musica (alla quale,in un dato periodo,aveva pensato di consacrarsi tutto), e perfino l'amore per le donne, a cui non credeva.Era, il suo, un perpetuo titubare circa l'oggetto su cui concentrare tutta quella forza della giovinezza, che solo una volta nella vita è a disposizione dell'uomo: sull'arte,sulla scienza, o sull'amore per la donna, o sulla attività pratica.
Non si trattava già della forza dell'intelligenza, del cuore, della cultura, ma di quell'irripetibile slancio, di quel potere (dato all'uomo una volta sola) di fare di sè ciò che vuole e come più gli aggrada, e ugualmente, di far ciò che vuole del mondo intero. E' vero, sì, che ci sono alcuni privi di questo slancio, i quali, al primo entrar nella vita, s'infilano addosso il primo giogo che capita e onestamente ci lavorano sotto fino al termine della vita.
Ma Olénin con troppa forza sentiva in lui la presenza della giovinezza,questa capacità di convertirsi tutto a un solo desiderio, a una sola idea, questa capacità di volere e di agire, di gettarsi a capofitto nell'abisso senza fondo, senza saperne il motivo, senza saperne lo scopo.
[...]


                                                                                                                TOLSTOJ.

sabato 20 aprile 2013

IL COLOSSO DI PRODI.



- "Mia creazione
    per me ora è lutto,
    PD ti ho creato
    e ora ti distruggo ! " -

- "Errore mio
    affidarmi a Bersani,
    ma ora lo caccio
    con le mie mani ."-

- "Testardo di un mulo
     l'han preso pel culo,
     battendomi le mani:
     lor signor salami ! "-

- "Ma io son Mortadella
    e la sinistra è proprio quella :
    apparenza senza sostanza
    propaganda come fragranza !"-

                                                                              - "Cari amici in pena
                                                                                  dico che c'entra D'Alema,
                                                                                  e se ci ripensi
                                                                                  c'entra anche Renzi,
                                                                                  a costruir mia convinzione
                                                                                  che Sinistra italiana
                                                                                  è finita in un burrone ! "-

                                                                               - "SMACCHIATORE DEL GIAGUARO
                                                                                   TI FACCIO UN BATTIMANO,
                                                                                   E ADESSO CHE SEI FINITO
                                                                                   FATTI SALVARE DA NAPOLITANO !"-



                                                                                 CONTROPENDENZA

martedì 16 aprile 2013

ERMETICA DEL PENNUTO.



Se ancor c'è qualche dubbio
su bontà del "vigilare",
ora lodasi il recupero
di palmipede che non può volare.

Del Germano Reale destino
qualcuno si occuperà,
ma dai "polli"
a noi
chi ci salverà ??
                                                                                                                   CONTROPENDENZA

venerdì 12 aprile 2013

LA PRIMA FIAMMA.



Quel terribile combattimanto fra la nave corsara ed il vascello di linea, era stato disastroso per entrambe gli equipaggi. Più di duecento cadaveri ingombravano la tolda, il castello di prora ed il cassero del legno predato, alcuni caduti sotto lo scoppio micidiale delle granate scagliate dai gabbieri dall'alto delle coffe e dei pennoni, altri fulminati a bruciapelo dalle scariche di mitraglia o dai fucili e dalle pistole, e altri caduti negli ultimi assalti, all'arma bianca.
Centosessanta ne aveva perduti la nave spagnuola e quarantotto la nave corsara, oltre ventisette feriti
che erano stati trasportati nell'infermeria della Folgore. Anche i due legni, durante il cannoneggiamento avevano sofferto non poco. La Folgore mercè la rapidità del suo attacco e le sue pronte manovre, non aveva perduto che dei pennoni facilmente ricambiabili, essendo ben provvista di attrezzi, ed aveva avuto le murate danneggiate in più luoghi e le manovre maltrattate; la spagnuola invece era stata ridotta a mal partito e si trovava quasi nella impossibilità di rimettersi alla vela.
Il suo timone era fracassato da una palla di cannone; l'albero maestro, offeso alla base dallo scoppio di una bomba, minacciava di cadere al minimo  sforzo delle vele; la mezzana aveva perduto le sue sartie e parte dei paterazzi ed anche le sue murate avevano sofferto assai.
Era però sempre una gran bella nave, che, riparata, potevasi vendere con gran profitto alla Tortue, tanto più che aveva numerose bocche da fuoco ed abbondanti munizioni, cose molto ricercate dai filibustieri che generalmente difettavano delle une e delle altre.
Il Corsaro Nero, resosi conto delle perdite subite e dei danni toccati alle due navi, comandò di sgombrare le tolde dai cadaveri e di procedere prontamente alle riparazioni più urgenti, premendogli di abbandonare quei paraggi per non venire assalito dalle squadre dell'ammiraglio Toledo, trovandosi ancora troppo vicino a Maracaybo.
[...]

                                                                                                         ( SALGARI )

mercoledì 10 aprile 2013

LEONARDO DA LIMBIATE.




Osservando.....
a prima vista,
pare....
opera d'artista.

Ma più attenta osservazione
pone in essere questione;
pensiero mi assilla
ormai da una settimana :

" E' PIU' FACILE CURVAR RETTILINEO,
   O RADDRIZZAR BANANA "?

Perche solo un grosso "tarlo",
e guai a nominarlo,
può generar simil progetto
e applicarlo in oggetto.

Forse non è combinazione
che simile operazione
venga fatta lì davanti
sotto gli occhi di tutti quanti!

Come bandiera
a certificare,
"incapacità"
ad amministrare.

Al Leonardo da Limbiate
sulla groppa dieci frustate,
e ai signori del consorzio
proponiamo un bel divorzio.

Altro che ricatti
e porre questioni.....
"signori" degli autobus
fuori dai cog..... !!

                                                                   CONTROPENDENZA

martedì 9 aprile 2013

LA MORTE DI ROLANDO.

La battaglia di Roncisvalle.

Sente Rolando che la morte gli è presso;
dalle orecchie fuori se n'esce il cervello.
Pei suoi compagni prega Dio che li chiami
e poi per se l'angelo Gabriele.
Prese l'olifante, perche' riprensione non n'abbia,
e Durindarda, la sua spada, nell'altra mano.
Più lontano d'un tiro di balestra
verso la Spagna se ne va in un maggese;
sale un'altura. Sotto un albero bello
quattro pietroni c'è, nel marmo tagliati.
Sull'erba verde allor è caduto riverso,
la' s'è svenuto, ché la morte gli è presso.
[...]
Sente Rolando che la vista ha perduto;
si drizza in piedi; quant'egli può si sforza;
nel suo viso il suo colore ha perduto.
Dinanzi a lui c'è una pietra bigia:
dieci colpi vi dà con dolore e amarezza;
stride l'acciaio; non si rompe né intacca.
" Oh!" disse il conte "Santa Maria, aiuto!
Oh, Durindarda, brava, così disgraziata foste!
Or ch'io finisco, di voi non posso più curarmi.
Tante battaglie in campo con voi ho vinto
e tante terre vaste sottomesso,
che Carlo regge, che la barba ha canuta!
non v'abbia uomo che per altro fugga!
Assai buon guerriero vi ha lungo tempo tenuta;
mai ci sarà l'uguale in Francia, la santa.
[...]
Carlo si trovava nelle valli di Moriana
quando Dio dal cielo l'avvisò col suo angelo
ch'egli ti desse a un conte capitano;
allor me la cinse il nobile re,il magno.
[...]
Per questa spada ho dolore e pena:
piuttosto voglio morire che essa tra pagani resti.
Dio Padre, non lasciate vituperar la Francia!"
Rolando battè su una pietra bigia;
più ne distacca che io non vi so dire;
la spada stride, non si frantuma né si rompe;
verso il cielo in alto è rimbalzata.
Quando vede il conte che non la spezzerà mica,
molto dolcemente la pianse tra se stesso:
" Oh Durindarda,come sei bella e santa!
Nell'aureo pomo,assai c'è reliquie:
[...]
non è giusto che dei pagani ti adoprino;
da cristiani dovete essere servita.
Non vi abbia uomo che commenta codardia!
Assai vaste terre con voi ho conquistato,
che  Carlo regge, che la barba ha fiorita;
e l'imperatore n'è grande e potente".

Sente Rolando che la morte di lui s' impossessa,
giù dalla testa sul cuore gli discende.
Sotto un pino è andato di corsa;
sull'erba verde là s'é disteso prono;
sotto di sé mette la sua spada e l'olifante;
volse la sua testa verso la pagana gente:
per ciò l'ha fatto, perchè egli vuole,secondo è vero,
che Carlo dica, e tutti quanti i suoi,
che il nobil conte è morto vincitore.
recita il Mea culpa  e fitto e sovente;
pei suoi peccati a Dio offrì il suo guanto.
[...]
Il suo guanto destro a Dio per sommissione offrì;
San Gabriele di sua mano l'ha preso.
Sopra il suo braccio teneva il capo chinato;
giunte le sue mani,è andato alla sua fine.
Dio inviò il suo angelo Cherubino
e san Michele del Periglio,
insieme a loro San Gabriele qui venne;
l'anima del conte portano in Paradiso.

                                                                           ( da La chanson de Roland )



domenica 7 aprile 2013

STRANO CONCETTO D'AMBIENTE.

Strano concetto
d'ambiente imperfetto
che soffre per dolo
oltraggio al decoro.
Discariche ovunque
in gir per contrade,
persone ignoranti
intasano strade.
E allora che fare
con natura "animale"
di uom egoista
senza cultura ecologista?

                    Per quel che mi riguarda
                    userei la spingarda
                    per istinto placare
                    di chi è abituato a scaricare.
                    Ma violenza è controproducente
                    anche in caso di simil gente,
                    senza spina nella schiena
                    e di rumenta testa piena.
                    E allora dunque
                    per arginare oltraggio
                    ci soccorre amministrazione
                    a decontaminar paesaggio.
                    Con mossa astuta
                     e quel che loro chiaman "coraggio",
                    aumento di bolletta e
                    riduzione di passaggio.



                    Ma state tranquilli
                    e dormite BEAti
                    perchè i sindaci
                    si son parlati.
                    Tra poco ci toccherà
                    il cambio di società
                    e a noi per vent'anni
                    in bolletta novità.
                    Ad amministratori lungimiranti
                    per il ben della comunità,
                    dico che con immondizia
                    si può sopravvivere
                    ma da negligenza
                    nulla ci salverà !

              
                    CONTROPENDENZA.


                   
 (immagini di zone di Limbiate)

giovedì 4 aprile 2013

LA PATRIOTTICA LEGGENDA DEI FILENI SULLA LITORANEA LIBICA.



Nel Marzo 1937 viene inaugurata la strada che percorre tutto il litorale della Libia dai confini dell'Egitto ai confini della Tunisia. Questa strada è un monumento che resterà ad eternare e consacrare nei secoli l'Impero di Roma rievocato e risuscitato dalla volonta' e dalla politica militare.
La litoranea è nata infatti durante la guerra italo-etiopica mentre ci battevamo con le armi in pugno per l'onore e la gloria d'Italia, mentre 52 nazioni riunite nel Consiglio di Ginevra tentavano di strangolarci economicamente, mentre difficoltà materiali si facevano ogni giorno più assillanti.
La nuova strada ha un percorso esatto dalla Tunisia all' Egitto di 1822 chilometri. Il tratto più difficile
da costruire era quello che attraversa la Grande Sirte da Misurata a Marsa Brega. E' questa la zona più arida e spaventevole di tutta l'Africa settentrionale. Gli antichi temevano di avventurarsi attraverso la regione Sirtica che veniva dipinta da scrittori e poeti a fosche tinte, come un paese inabbordabile, pericoloso, inospitale, orrendo. Questa fama giunse fino a Dante Alighieri che la rievocava nel XXIV canto dell' Inferno.
Ebbene dove gli antichi temevano di mettere piede, dove gli stessi Romani, maestri di costruzione di strade, non osarono lasciare il segno del loro potere e della loro civiltà, gli Italiani di Mussolini hanno osato e con rapidità da primato, hanno costruito una strada che costituisce una vittoriosa sfida al deserto. Nel punto mediano della litoranea libica e precisamente al fondo del golfo della Grande Sirte, sul 30° parallelo, nella baia di Ras Lanuf, a distanza di un chilometro dal mare, affiorano nella steppa alcuni ruderi che risalgono al tempo di Cartagine. Si tratta degli avanzi delle famose
Areae Philaenorum. A pochi metri dai ruderi, a cavallo della litoranea, è stato innalzato un arco di proporzioni gigantesche destinato a celebrare la fede e la potenza creatrice della Patria e la fondazione dell'Impero. In alto sul vertice della mole, campeggia un ara votiva a carattere arcaico evocante le are dei fratelli Fileni.
L'antica leggenda dei Fileni è così nobile e poetica che ancor oggi commuove. Il magnifico esempio di amor patrio tramandatoci dagli storici e geografi della classicità, risale a 400 anni prima di Cristo e si riferisce alle lotte di predominio fra Cartagine e Cirene. Avendo i Cartaginesi stabilito uno scalo a poca distanza dal posto greco di Automala nella Sirtica (forse la odierna el-Mugtàa), non tardò a scoppiare una lunga guerra che arrecò gravissimi danni ai contendenti.
Verso il 350 a.C. si giunge ad un accordo in base al quale il confine sarebbe stato segnato dal punto
d'incontro fra due invitati di Cirene e due di Cartagine che nello stesso giorno sarebbero dovuti partire dalle rispettive città. Cartagine scelse come suoi delegati i fratelli Fileni, i quali compresa la loro missione, marciarono con indomita bravura, incontrando i due rappresentanti di Cirene nel fondo della Grande Sirtica, e superando di gran lunga il percorso compiuto dagli avversari.
Questi attardati dal vento e dalle piogge, per mandare a vuoto la gara, riuscita tanto sfavorevole alla loro patria, incolparono i Fileni di non essersi attenuti ai patti e cioè di essere partiti prima.
Ne sorse una disputa ed i rappresentanti di Cirene proposero agli avversari di accettare come confine
il punto dell' incontro a patto che i Fileni fossero disposti d'esservi sepolti vivi !
I fratelli Fileni accettarono all'istante di morire per la patria.
Sallustio definisce l'esempio dei due Cartaginesi egregium atque mirabile.
Gli stessi Romani rendevano onore ed esaltavano l'eroismo e l'amor di patria dei loro avversari.
Due colossi in bronzo modellati dallo scultore Ulderico Monti e rappresentanti i fratelli Fileni nell'atto di resuscitare, sono posti nel sacello luminoso di coronamento dell'arco.
L'arco marmoreo rompe i silenzi millenari della regione che vide già i segni di Roma e congiunge il passato e il presente. La civiltà latina ritemprata e rinnovata per sempre dal genio di Mussolini, con la nuova strada imperiale ritorna ad indicare al mondo la rinata maestà di Roma.

                                                                                                 ITALO BALBO.

martedì 2 aprile 2013

VARIAZIONI IN CONTROPENDENZA


 
 
 
Il lombrico nella mela.                                                Il vento sulla vela.
Il tarlo nella legna.                                                       Il gesso che disegna.
Il moscerino dentro l'occhio.                                       Il riflesso nello specchio.
La zanzara nell'orecchio.                                             La goccia dentro al secchio.
Il dito dentro al naso.                                                   La terra ed il suo vaso.

                                             
                                     Combinazioni di parole ed elementi,
                                                  emozioni differenti....
                                          come la pellicina dei pop-corn
                                                    in mezzo ai denti !



                                                                                  QUEL CHE E' RIMASTO DI ..............

IL SEGRETO DI PULCINELLA

Una delle più grandi consolazioni di questa vita è l'amicizia;
e una delle consolazioni dell'amicizia è quella d'avere a cui confidare un segreto.
Ora, gli amici non sono due a due, come gli sposi;
ognuno, generalmente parlando, ne ha più d' uno;
il che forma una catena, di cui nessuno potrebbe trovare la fine.
Quando dunque un amico si procura quella consolazione di deporre un segreto
nel seno di un'altro, dà a costui la voglia di procurarsi la stessa consolazione anche lui.
Lo prega, è vero, di non dir nulla a nessuno; e una tal condizione, chi la prendesse nel senso rigoroso delle parole, troncherebbe immediatamente il corso delle consolazioni.
Ma la pratica generale ha voluto che obblighi soltanto a non confidare il segreto se non a chi
sia un amico ugualmente fidato; il segreto gira e gira per quell'immensa catena, tanto che arriva
all'orecchio di colui o coloro, a cui il primo che ha parlato intendeva appunto di non lasciarlo arrivar mai. Avrebbe però ordinariamente a stare un gran pezzo in cammino, se ognuno non avesse che due
amici: quello che gli dice, e quello a cui ridice la cosa da tacersi.
Ma ci son degli uomini privilegiati che li contano a centinaia; e quando il segreto è venuto a uno di questi uomini, i giri divengon sì rapidi e sì molteplici, che non è più possibile seguirne la traccia.


                                                                                             ALESSANDRO MANZONI.