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sabato 9 marzo 2013

CONTROVELENO

Ricacciato sulla riva dalle tempeste che non è riuscito a superare, scontate corporalmente tutte le pene di cui lo ritennero meritevole gli investiti, i depositari, i paladini della umana infallibilità, il giovine uomo che ogni mattina, appena in piedi, credeva doveroso dar segno di vitalità e coscienza professionale, pensando e quindi compromettendosi, un brutto momento rinuncia alla sua fede nella intelligenza e nella onestà dei responsabili, abbandona ogni proposito di salvezza e di emancipazione, improvvisamente disarma, ripiega su sè stesso, cade in letargo.
Il suo sonno può anche diventare una introduzione alla morte: dipende dalla costituzione del giovine uomo e della sua natura morale. Il suo sonno sovente è appunto il segno iniziale della sua irrimediabile liquidazione, la conferma della sua impotenza. Dopo il periodo più o meno breve, più o meno acuto delle nostalgie, dei rimpianti, delle ribellioni istintive, forse puramente fisiche, quasi il rilassamento dei nervi nelle composte fibre del cadavere caldo, egli si abbandona alla facilità quotidiana di una vita conforme alla comunità delle idee, dei pensieri, delle abitudini, si adatta al comodo vegetare della moltitudine che gli cammina al fianco, si lascia assimilare, un corpo dai mille corpi, una cellula animale in un organismo di animaleschi bisogni e rapporti.
A questo punto è un uomo perduto. Anche se trascina da una giornata all'altra la sua immutata presenza, anche se sa tenersi fedele agli affetti ed alle amicizie, anche se si coltiva e si vigila, la morte che gli si è accosciata nello spirito, tosto o tardi farà sentire il ripugnante odore della lenta decomposizione. Nessuno se ne accorge; ma egli lo sa e lo sanno quelli che ebbero, che hanno, che riavranno l'ossessione inquietante, come un dono di nascita, di riguardare le cose, i fatti, i caratteri umani, con il suo sguardo di serena profondità già illuminato, ora spento senza speranza.
Ha patteggiato con la propria coscienza. Le prime delusioni sulla giustizia e l'equità, sul buon governo della dottrina e della morale, invece di acuire il senso della missione vocativa, l'impegno della responsabilità eletta, hanno fatto breccia nel suo giovine animo.
Poteva ribellarsi o tacere: in tal modo avrebbe, salvando la dignità e l'onore, lasciata aperta una finestra attraverso la quale evadere per riprendere domani la via dei proprii ideali, della propria personalità. Non si è ribellato perchè gli è venuto meno il coraggio, nè si è sentito votato al sacrificio esemplare per la salvezza e la libertà comuni; non ha saputo neppure tacere e serbarsi intatto nei suoi principi per le battaglie future perchè è più facile il compromesso che l'intransigenza e questa è tanto più difficile da applicare a se stessi, quando non ne viene alcun premio immediato, quando le infinite lusinghe della mediocrazia organizzata tentano le nostre debolezze organiche.
Si è aggiogato al carro dei meschini di spirito; mentre il regno dei cieli è soltanto per i poveri perchè la loro miseria è nobile e naturale, una pura vocazione senza mercati.
Ogni sua idea ha un prezzo d'acquisto e di vendita; più non si ascolta pensare; anche se, a giudizio pubblico, è arrivato a qualcosa, ciò dipende dal difetto di quel giudizio, una ipertrofia che immagina irreali grandezze nell'oceano del luogo comune e della frase fatta. Egli è un dettato; mette talvolta i punti e le virgole. Ogni passione soffocata e nascosta. La suprema specialmente, quella impulsiva, incontentabile, gelosa passione per la buona causa, quella che seppe attirargli i più duri, i più cari castighi, i castighi che collaudano e innalzano, diventa nel suo chiuso cuore un amore tranquillo, un ideale casalingo, il ricordo di una tentazione, un ricordo senza trepidazione e senza luce.

Ma qualcuno non si lascia morire;
qualcuno non si lascia contrattare;
qualcuno non disarma e ritorna, ritorna sempre, dopo ogni delusione, dopo ogni sconfitta,
dopo ogni ferita più ostinato, più duro, più forte con immutati propositi sulle prime linee.
La fede incrollabile di un ingenuo sperduto nell'angolo di provincia, una fede che canta e piange,
che accende di inguaribile speranza nella intelligenza e nella bontà degli uomini, le albe, i meriggi
e i tramonti della nostra tormentosa giornata.
Una fede che paga in contanti, di persona, fino in fondo.

                                                                                           Fidia Gambetti, 1942.

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