Translate

mercoledì 30 ottobre 2013

ARGO



Mentre questo dicevano tra loro, un cane
che stava lì disteso, alzò il capo e le orecchie.
Era Argo, il cane di Odisseo, che un tempo
egli stesso allevò e mai potè godere nelle cacce,
perché assai presto partì l'eroe per la sacra Ilio.
Già contro i cervi e le lepri e le capre selvatiche
lo spingevano i giovani; ma ora, lontano dal padrone,
giaceva abbandonato sul letame di buoi e muli
che presso le porte della reggia era raccolto,
fin quando i servi lo portavano sui campi 
a fecondare il vasto podere di Odisseo.
E là Argo giaceva tutto pieno di zecche.
E quando Odisseo gli fu vicino, ecco agitò la coda
e lasciò ricadere le orecchie; ma ora non poteva
accostarsi di più al suo padrone. E Odisseo
volse altrove lo sguardo e s'asciugo una lacrima
senza farsi vedere da Euméo, e poi così diceva:
"Certo è strano, Euméo, che un cane come questo
si lasci abbandonato sul letame. Bello è di forme;
ma non so se un giorno, oltre che bello, era anche veloce
nella corsa, o non era che un cane da convito, di quelli
che i padroni allevano solo per il fasto".
E a lui, così rispondeva Euméo, guardiano di porci:
"Questo è il cane di un uomo che morì lontano.
Se ora fosse di forme e di bravura come,
partendo per Troia, lo lasciò Odisseo,
lo vedresti con meraviglia così veloce e forte.
Mai una fiera sfuggiva nel folto della selva
quando la cacciava, seguendone abile le orme.
Ma ora infelice patisce. Lontano dalla patria è
morto il suo Odisseo; e le ancelle, indolenti,
non si curano di lui. Di malavoglia lavorano i servi
senza il comando dei padroni, poi che Zeus che vede
ogni cosa, leva a un uomo metà del suo valore, se il
giorno della schiavitù lo coglie".
Così disse, ed entrò dentro nella reggia incontro ai Proci.
E Argo, che aveva visto Odisseo dopo vent'anni,
ecco, fu preso dal Fato della nera morte.


                                             ( Odissea, canto XVII )  

Nessun commento:

Posta un commento