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sabato 23 febbraio 2013

CARONTE.

Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando:" Guai a voi, anime prave!

Non insperate mai veder lo cielo:
i' vegno per menarvi a l'altra riva
nelle tenebre eterne, in caldo e n'gelo.

E tu che sè costi', anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti".
Ma poi che vide ch'io non partiva,

disse:" Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti".

E 'l duca a lui:" Caròn, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole,e più non dimandare".

Quinci fuor quete le lanose gote
al nocchier de la livida palude,
che 'ntorno a li occhi avea di fiamme rote.

Ma quell'anime, ch'eran lasse e nude,
cangiar colore e dibattero i denti,
ratto che 'nteser le parole crude:

bestemmiavano Dio e lor parenti,
l'umana spezie e 'l luogo e 'l tempo e 'l seme
di lor semenza e di lor nascimenti.

Poi si ritrasser tutte quante insieme,
forte piangendo, a la riva malvagia
ch'attende ciascun uom che Dio non teme.

Caron dimonio, con occhi di bragia,
loro accennando, tutti le raccoglie;
batte col remo qualunque s'adagia.

Come d'autunno si levan le foglie
l'una appresso de l'altra, finchè 'l ramo
vede a la terra tutte le sue spoglie,

similemente il mal seme d'Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni, come augel per suo richiamo.

Così sen vanno su per l'onda bruna,
e avanti che sien di là discese,
anche di qua nuova schiera s'auna.

                                                             (INFERNO, canto III.)


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